Storia del legame tra luppolo e birra

Il luppolo è usato per preparare la birra sin dall’anno 1000 d.C, ma solo nel XVI secolo diventa assieme al malto un ingrediente di tutte le ricette di produzione birraia. L’uso dei fiori di luppolo per la realizzazione della bevanda si diffonde a seguito della Legge Tedesca di Purezza emanata nel 1516. Come detto, per produrre la birra si fa macinare grani di orzo e altri cereali e se li macera in acqua calda per attivare gli enzimi del malto. Questo procedimento si chiama ammostamento.

In una fase successiva avviene il luppolamento, con cui si filtra e si bolle il luppolo, che viene aggiunto alla bevanda, raffreddato e ossigenato fino ad ottenere il mosto. L’ultima fase è l’aggiunta del lievito, che provoca la fermentazione e la maturazione della birra in particolari recipienti.

Il luppolo viene quindi aggiunto alla fase di bollitura, in cui gli acidi si isomerizzano e si solubilizzano nella parte alcoolica. La conseguenza è quel sapore amaro della birra che tutti amano per la capacità di dissetare in estate e pulire la bocca dopo pasti abbondanti. Altri aromi, come gli oli essenziali, sono volatili e per questo sono aggiunti a fine bollitura con coperchio chiuso e lasciati in infusione per 30 minuti prima di disperdersi nell’ambiente.

Il luppolo di buona qualità rappresenta l’ingrediente per una birra eccellente e proprio in base al quantitativo di luppolo aggiunto si ha il sapore amaro più o meno persistente.  Vediamo allora a cosa serve il luppolo nella produzione della birra e perché questo ingrediente non può mancare nella bevanda tradizionale tedesca. A seconda della presenza di malto e luppolo la birra acquisisce un sentore e un aroma unico, che di volta in volta varia dal più e meno tostato al più o meno amaro e a cui si aggiunge la carbonazione data dalla presenza di anidride carbonica

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